Tancredi

Dati di lavoro
Titolo: Tancredi
Frontespizio del libretto, Venezia 1813

Frontespizio del libretto, Venezia 1813

Lingua originale: italiano
Musica: Gioachino Rossini
Libretto : Gaetano Rossi
Fonte letteraria: Voltaire, Tancrede
Prima: 6 febbraio 1813
Luogo della prima: Venezia , Teatro La Fenice
Tempo di esecuzione: circa 2 ore e mezza
Luogo e ora dell'azione: Siracusa nel 1005
persone
  • Tancredi, un cavaliere esiliato ( mezzosoprano / alto )
  • Amenaìde, il suo amante segreto ( soprano )
  • Argirio, suo padre ( tenore )
  • Orbazzano, rivale Argirios ( basso )
  • Isaura, Confidente Amenaìdes (contralto)
  • Roggiero, Scudiero Tancredis (soprano)
  • Nobili, cavalieri, scudieri, popolo, saraceni ( coro )
  • Guerrieri, paggi, guardie, popolo, dame di compagnia, saraceni (extra)

Tancredi è un'opera in due atti di Gioachino Rossini , libretto di Gaetano Rossi , basata sulla tragedia Tancrède di Voltaire . Fu rappresentata in prima assoluta il 6 febbraio 1813 al Teatro La Fenice di Venezia . Per il ventenne Rossini, il successo di Tancredi ha significato che è stato promosso al livello più alto dei compositori d'opera in Europa.

complotto

L'opera è ambientata nella città stato siciliana di Siracusa nel 1005. La città è in guerra con le armate saracene del generale Solamiro. Allo stesso tempo, è lacerato al suo interno dalla guerra civile tra le famiglie dei nobili Argirio e Orbazzano. Il nobile Tancredi fu espropriato ed esiliato durante la guerra civile e vive come ospite alla corte di Bisanzio. Durante la visita al nobile siracusano Argirio, Tancredi conobbe sua figlia Amenaìde, e da allora i due si sono segretamente innamorati. Tuttavia, ci sono altri due uomini che si contendono il favore di Amenaìde, il nobile siracusano Orbazzano, avversario di Argirio nella guerra civile, e il generale saraceno Solamiro.

Per porre fine alla faida tra le famiglie in guerra, Amenaìde deve sposare Orbazzano. Nel suo bisogno, chiede aiuto a Tancredi per lettera. La lettera viene però intercettata e tutti credono che sia indirizzata a Solamiro. Amenaìde viene condannato a morte per alto tradimento. Sebbene Tancredi sia anche convinto della sua colpevolezza, gareggia in incognito in un duello con Orbazzano e così le salva la vita. Quindi lascia il paese per morire in battaglia.

Rossini scrisse due finali differenti per l'opera. Nel finale della prima mondiale a Venezia , Tancredi vince la battaglia e apprende dal morente Solamiro che la lettera era indirizzata a lui, Tancredi. La coppia è felicemente unita.

Nel finale della prima a Ferrara , Tancredi fu ferito a morte in battaglia e solo morendo tra le braccia di Amenaìde seppe che la lettera era indirizzata a lui.

primo atto

Galleria nel Palazzo di Argirio

Scena 1. All'inizio dell'opera, Isaura ei cavalieri della città di Siracusa, assediata dai Saraceni, celebrano la fine della guerra civile (introduzione al coro / Isaura: “Pace - onore - fede - amore”). Due scudieri portano piatti d'argento con fusciacche bianche. I cavalieri si abbracciano e si tolgono le vecchie fusciacche blu o rosse. Isaura lega le fasce bianche intorno a loro come simbolo della nuova armonia.

Scena 2. Entrano insieme Argirio e Orbazzano. L'unità appena conquistata, sperano, darà loro nuova forza nella lotta contro l'assedio. Orbazzano avverte del tradimento dell'esiliato Tancredi. L'ira di Orbazzano deve temere particolarmente, poiché si dice che abbia ricevuto i beni di Tancredi e la mano di Amenaìde come prezzo per la pace.

Scena 3. Arriva Amenaìde con le sue dame e altri scudieri. Dopo un coro speranzoso delle dame (“Più dolci, e placide spirano l'aure”), Amenaìde canta il suo amore per Tancredi, di cui anela il ritorno ( Cavatine : “Come dolce all'alma mia”). Argirio la informa della decisione di farla sposare ad Orbazzano. L'inorridita Amenaìde aveva solo di recente inviato di nascosto una lettera a Tancredi con la richiesta di tornare a Siracusa per aiutarla. Siccome Orbazzano e Argirio vogliono realizzare subito il matrimonio, Amenaìde chiede un giorno di rinvio per potersi riprendere e parlare con il padre.

Scena 4. Isaura si rammarica della sorte dell'amica Amenaìde e ha brutti presentimenti.

Incantevole giardino nel palazzo Argirios che si affaccia su una delle parti più magnifiche di esso

Sullo sfondo c'è la sponda fiorita di una baia, le cui onde bagnano le pareti del palazzo. Una barca attracca. Roggiero esce e si guarda intorno. Tancredi lo segue. Quattro scudieri portano il suo stemma, la sua lancia e il suo scudo, su cui sono incise le parole "Lealtà" e "Onore". Gli scudieri rimangono sullo sfondo.

Scena 5. Tancredi è tornato a Siracusa in incognito. È deciso a rischiare la vita per Amenaìde e desidera ardentemente rivederla (Cavatine: “Tu che accendi questo core” - “Di tanti palpiti”). Roggiero dovrebbe prepararli segretamente per il suo ritorno.

Scena 6. Tancredi ordina ai suoi scudieri di innalzare lo scudo con il suo stemma, ancora sconosciuto a Siracusa, sulla piazza del paese e di annunciare che un cavaliere senza nome si unirà ai combattenti della città. Intanto aspetta con impazienza il ritorno di Roggiero e si nasconde quando vede arrivare gente.

Scena 7. Amenaìde, Argirio e il suo seguito appaiono nel giardino. Argirio ordina al suo popolo di invitare gli invitati al matrimonio al tempio. Rifiuta un rinvio adducendo che la città è minacciata da un nuovo pericolo: il moro Solamiro, che in precedenza aveva corteggiato Amenaìde, è arrivato con il suo esercito. Tancredi, inoltre, è già arrivato a Messina: se si presenta qui come ribelle, lo attende morte certa. Orbazzano intanto entrerà nella lotta contro i Mori, ed è dovere della figlia sostenerlo con il suo amore affinché ritorni vittorioso (Accompagnato: "La morte? / Della patria" - Aria: "Pensa che sei mia figlia" ).

Scena 8. Dopo l'avvertimento del padre, Amenaìde teme che la sua lettera abbia messo in pericolo Tancredi. Poi emerge dal suo nascondiglio e si rivela. Preoccupata per la sua vita, gli consiglia di fuggire e dimenticarlo (duetto: "L'aura che intorno spiri"). Rifiuta il riferimento di Tancredi al suo amore. Entrambi lamentano il corso del loro tanto atteso incontro e purtroppo si separano.

Scena 9. Nel frattempo, Roggiero ha appreso del previsto matrimonio di Amenaìde con Orbazzano e della condanna a morte di Tancredi e ne lamenta la sorte.

Piazza pubblica dalle mura della città, che si fonde nel cortile di un magnifico tempio gotico; monumenti antichi

Scena 10. I nobili della città si radunano per celebrare le nozze di Amenaìde con Orbazzano (coro: “Amori - scendet”). I guerrieri ei cavalieri si avvicinano e lodano Orbazzano (coro: "Alla gloria, al trionfo, agli allori").

Scena 11. Il disperato Tancredi, che ha ascoltato l'ultima parte del coro, appare per assistere all'azione. Roggiero lo segue, preoccupato per la sua incolumità. Poiché Tancredi non può essere riportato in sé, alla fine lo conduce con forza sullo sfondo della scena.

Scena 12. Gli scudieri iniziano il corteo nuziale. Seguono paggi, dame, nobili e cavalieri, tra cui Argirio, Amenaìde e Isaura. Tancredi si stacca da Roggiero e passa davanti ad Argirio. Senza dare il suo nome, gli offre i suoi servizi di soldato. Mentre Argirio aspetta ancora Orbazzano, Tancredi la accusa di infedeltà. Ma quando Argirio prende per mano Amenaìdes per condurla al tempio, lei rifiuta risolutamente. Sarebbe morta piuttosto che diventare la moglie di Orbazzano, che non poteva amare.

Scena 13. Finalmente appare Orbazzano, che ha udito le parole di Amenaìdes. Ora chiede la sua morte. Le sue spie hanno intercettato la tua lettera, e poiché non ha destinatario, Orbazzano presume che sia destinata al generale nemico Solamiro. Argirio legge la lettera. In esso, Amenaìde invita il suo amante a venire a Siracusa, per conquistare e governare i suoi nemici. Tutti sono scioccati. Tancredi, che prima aveva dubitato dell'amore di Amenaìde, è anche pronto a credere al suo tradimento (Finale I: “Ciel che lessi! Oh tradimento!”). Solo Isaura le sta ancora accanto. Tutti si lamentano del terribile corso della giornata (Tutti: “Quale infausto orendo giorno”).

Secondo atto

Galleria nel castello di Argirios con tavolino ed eleganti poltrone

Isaura sprofondò nel dolore profondo; Orbazzano tremante di rabbia; vari gruppi di cavalieri turbati e indignati.

Scena 1. Orbazzano aveva fatto un altro tentativo per difendere Amenaìde, ma era stato respinto da lei. Ora è profondamente offeso. Vuole che venga loro inflitta la pena di morte.

Scena 2. Argirio dovrebbe firmare la condanna a morte per sua figlia. Sebbene ne accetti le ragioni, esita. Dopo l'intervento di Isaura (“È tua figlia!” - “Lei è tua figlia”), scoppiano i suoi veri sentimenti (recitativo: “Oddio! - Crudel!” - aria con coro: “Ah! Segnar invano io tento”). Solo quando Orbazzano gli ricorda il suo dovere verso la patria e la legge rinuncia ad Amenaìde e firma. Argirio ei cavalieri escono di scena.

Scena 3. Isaura accusa Orbazzano della sua eccessiva crudeltà e lo avverte del castigo divino. Dopo che se ne va, lei prega per la pace per l'anima dell'amica (aria: “Tu che i miseri conforti”).

Pasquala Canna: scenografia secondo atto, seconda immagine, Napoli 1824 o 1827

prigione

Scena 4. In carcere, Amenaìde lamenta la sua imminente morte ingiusta. Spera che almeno Tancredi scopra che è morta innocentemente (scena: "Di mia vita infelice" - Cavatine: "No, che il morir non è").

Scena 5. Orbazzano e Argirio appaiono con le guardie e altri cavalieri per raccogliere Amenaìde per la loro esecuzione. Sebbene Argirio pensi che sua figlia sia colpevole, vuole almeno dirle addio. Amenaìde continua a dichiararsi innocente. Non poteva essere un reato che lei chiamasse il suo amante per proteggere la patria. Orbazzano, tuttavia, considera questo solo un'ulteriore prova del loro tradimento. Chiede al gruppo se un cavaliere vuole competere per loro nella lotta contro di lui.

Scena 7. In questo momento Tancredi sotto mentite spoglie si presenta alla porta del carcere. Per salvare la vita di Amenaìde, sfida Orbazzano a un giudizio divino attraverso un duello, sebbene sia divorato dai dubbi sulla fedeltà di Amenaìde. Non vuole dire il suo nome finché Orbazzano non giace nella polvere davanti a lui. Orbazzano accetta la sfida e si fa strada sul campo di battaglia.

Scena 8. Tancredi fa notare ad Amenaìde che non è venuto a provare la sua innocenza, ma a punirla. Argirio lo abbraccia, commosso, e gli chiede invano di dare il suo nome (recitativo: “M'abbraccia Argirio”). Entrambi sono combattuti tra l'amore per Amenaìde e il desiderio di vendetta (duetto: "Ah se de 'mali miei"). Le trombe chiamano alla battaglia ed entrambi si allontanano.

Scena 9. Amenaìde chiama la sua amica Isaura. Si rammaricano che l'eroe pensi che siano colpevoli, ma sono grati per il suo intervento.

Scena 10. Argirio non sopporta di assistere al combattimento e torna dalle due donne. Amenaìde prega per Tancredi (aria: "Giusto dio che umile adoro"). Il coro sta già gridando per annunciare la fine del combattimento. I cavalieri riferiscono quindi della vittoria dell'eroe sconosciuto. Orbazzano è caduto. Amenaìde fa fatica a credere alla sua fortuna.

Scena 11. Dopo che tutti gli altri se ne sono andati, Isaura si meraviglia dei rapidi colpi di scena del destino.

Ottimo posto a Siracusa

Scena 12. Tra l'esultanza del popolo, il vincitore Tancredi è condotto in una carrozza trionfante (coro: “Plaudite, o popoli”). Porta le armi di Orbazzano come trofei. Gli scudieri portano il proprio stemma, e Roggiero il suo scudo. Nonostante la sua vittoria, Tancredi è disperato. Ha quindi deciso di lasciare il Paese per morire lontano.

Scena 13. Amenaìde interviene per far cambiare idea a Tancredi, ma lui non può più fidarsi di lei. Amenaìde lo prega di ucciderla piuttosto che andarsene (duetto: "Lasciami: - non t'ascolto" - "Ah sì mora, e cessi omai"). Entrambi si allontanano.

Scena 14. Roggiero ha deciso di seguire Tancredi in esilio. Isaura gli assicura che Amenaìde è innocente. Sebbene avesse giurato di rimanere in silenzio, era giunto il momento di rivelare la verità.

Scena 15. Roggiero ha di nuovo speranza nell'amico (aria: “Torni alfin ridente, e bella”).

Catena montuosa con canyon e cascate che si uniscono all'Aretusa

Una foresta copre parte della pianura; l'Etna in lontananza; il sole è a ovest e si riflette sul mare dall'altra parte. Tende africane sparse sulle montagne. Alcune grotte. Durante il ritornello si vede Tancredi salire e scendere, sospirare, camminare e poi fermarsi.

Scena 16. Alla vista dell'aspra zona Tancredi lamenta il suo amore tradito (scena: "E dove son! Fra quali orror mi guida" - Cavatine: "Ah! Che scordar non so"). Si siede su una pietra all'ingresso di una grotta e si lascia andare ai suoi pensieri. Intanto, sulla montagna e nella foresta, soldati saraceni si avvicinano al campo per chiedere aiuto a Tancredi nella lotta contro il loro nemico Solamiro (coro saraceno: “Regna il terror nella città”). Tancredi è sollevato di poter ancora servire la sua patria in questo modo.

Scena 17. Argirio è ormai convinto dell'innocenza di Amenaìde. Insieme a Isaura e ai suoi cavalieri e soldati, i due sono andati alla ricerca di Tancredi e ora lo incontrano. Amenaìde spiega a Tancredi che la lettera era indirizzata a lui e non a Solamiro, che lei detesta. Tancredi è commosso, ma ancora non le crede. Quando si sente in lontananza una marcia barbara, Tancredi nota lo stemma di Solamiro sui Saraceni che si avvicinano.

Scena 18. I Saraceni si avvicinano con un ramoscello d'ulivo e una corona per offrirli ad Amenaìde per conto di Solamiros. Per Tancredi, questo dimostra l'infedeltà di Amenaìde. Dopo che i Saraceni si sono ritirati, conferma la sua decisione di combattere contro Solamiro e parte con Roggiero e alcuni cavalieri.

Scena 19. Amenaìde e Argirio sono inorriditi dal comportamento di Tancredi. Argirio lo segue con gli altri cavalieri per sostenerlo nella lotta.

Scena 20. Amenaìde e Isaura attendono con ansia l'esito della battaglia.

Scena 21. Tancredi, Argirio, Roggiero ei cavalieri tornano vittoriosi. Tancredi uccise Solamiro, che seppe confermare l'innocenza di Amenaìde con le sue ultime parole. Le chiede perdono per la sua sfiducia. Gli innamorati si riuniscono e cantano la loro nuova felicità insieme ad Argirio (Finale II: “Tra quei soavi palpiti”).

Finale della seconda versione

La versione alternativa inizia dopo il Cavatine di Tancredi nella scena 16 della versione originale. Nella nuova numerazione, questa è la scena 14.

Scena 14b. Al posto dei Saraceni della versione originale, compaiono i cavalieri indigeni alla ricerca di Tancredi. Gli chiedono aiuto nella lotta contro i Solamiros Saraceni (coro di cavalieri: "Regna il terrore nella città").

Scena 15. Amenaìde e Argirio si uniscono a loro. Tuttavia, non hanno l'opportunità di convincere Tancredi dell'innocenza di Amenaìde. Subito si unisce ai cavalieri per andare in battaglia (aria: “Perché turbar la calma”).

Scena 16. Arriva anche Isaura con alcuni scudieri. Argirio segue Tancredi con gli altri cavalieri, mentre gli scudieri vegliano su Amenaìde.

Scena 17. Amenaìde e Isaura temono l'esito della battaglia.

Scena 18. Dopo aver sconfitto i Saraceni, Argirio ei cavalieri portano il Tancredi ferito a morte (coro: “Muore il forte, il vincitor”). Solo ora Argirio può spiegargli che la lettera intercettata di Amenaìdes non era indirizzata a Solamiro ma a lui stesso. Tancredi saluta il suo amante, morente.

disposizione

Strumentazione

La formazione orchestrale dell'opera comprende i seguenti strumenti:

  • due flauti/ottavino, due oboi/corno inglese, due clarinetti, due fagotti
  • due corni, due trombe
  • Timpani, "Banda turca"
  • stringhe
  • Continuo

Numeri musicali

L'opera contiene i seguenti numeri musicali:

  • ouverture

primo atto

  • No. 1. Introduzione (coro, Isaura): "Pace - onore - fede - amore" (scena 1)
  • N. 2. Coro: "Più dolci, e placide spirano l'aure" (scena 3)
    • Cavatine (Amenaìde) "Come dolce all'alma mia" (scena 3)
  • N. 3. Recitativo: “Oh patria! dolce e ingrata patria!" (scena 5)
    • Cavatine (Tancredi): "Tu che accendi questo core" - "Di tanti palpiti" (scena 5)
  • N. 4. Recitativo accompagnato (Argirio): “La morte? /Della patria" (scena 7)
    • Aria (Argirio): "Pensa che sei mia figlia" (scena 7)
  • N. 5. Recitativo: "Oh qual scegliesti" (scena 8)
    • Duetto (Amenaìde, Tancredi): "L'aura che intorno spiri" (scena 8)
  • No. 6. Coro: "Amori - scendet" - "Alla gloria, al trionfo, agli allori" (scena 10)
  • N. 7. Recitativo istanbulale: “Da chi? - perché...” (scena 13)
    • Finale I: “Ciel che lessi! oh tradimento!” (Scena 13)

Secondo atto

  • N. 8. Recitativo: “Oddio! Crudele!" (Scena 2)
    • Aria (Argirio, Isaura, coro): “Ah! segnar invano io tento" (scena 2)
  • No. 9. Aria (Isaura): "Tu che i miseri conforti" (scena 3)
  • Scena n. 10 (Amenaìde): "Di mia vita infelice" (scena 4)
    • Cavatine (Amenaìde): "No, che il morir non è" (scena 4)
  • N. 11. Recitativo: "M'abbraccia Argirio" (scena 8)
    • Duetto (Tancredi, Argirio): "Ah se de 'mali miei" (scena 8)
  • N. 12. Recitativo: “Gran dio!” (Scena 10)
    • Aria (Amenaìde): "Giusto dio che umile adoro" (scena 10)
  • N. 13. Coro: "Plaudite, o popoli" (scena 12)
  • N. 14. Recitativo: “Fier incontro! E che vuoi?" (Scena 13)
    • Duetto (Tancredi, Amenaìde): "Lasciami: - non t'ascolto" - "Ah sì mora, e cessi omai" (scena 13)
  • N. 15. Aria (Roggiero): "Torni alfin ridente, e bella" (scena 15)
  • Scena n.16 (Tancredi): “E colomba figlio! Fra quali orror mi guida" (scena 16)
    • Cavatine (Tancredi): “Ah! che scordar non so" (scena 16)
    • Coro Saraceno: "Regna il terrore nella città" (scena 16)
  • N. 17. Finale II: "Tra quei soavi palpiti" (scena 21)

musica

Nella sua prima opera seria Tancredi , Rossini riuscì a coniugare l'espressione lirica con le necessità della trama drammatica. La musica è caratterizzata da “raffinato equilibrio e semplicità classica”. Predominano le chiavi maggiori. Rossini usa solo do minore per la scena del carcere Amenaìdes, ma la sua aria è già di nuovo in maggiore. Lo scrittore di teatro Giuseppe Carpani (1752-1823) descrisse la musica di Tancredi con le parole "cantilena e sempre cantilena, bella cantilena, nuova cantilena, incantevole cantilena, straordinaria cantilena". Oltre ai numerosi virtuosismi e lirici solistici, meritano una menzione speciale le scene corali, il grande primo finale con il suo drammatico crescendo ei due duetti di Tancredi e Amenaìde.

Particolarmente degni di nota sono:

  • Recitativo e Cavatine Tancredis (n. 3): “Oh patria! dolce e ingrata patria! ”/“ Tu che accendi questo core ”-“ Di tanti palpiti ”(primo atto, scena 5) - personaggio folk ricco di sorprendenti colpi di scena
  • Il duetto di Amenaìde e Tancredi (nel n. 5): “L'aura che intorno spiri” / “Quale per me funesto” (atto primo, scena 8) - forma in più parti: inizio di Amenaìdes - risposta di Tancredi (Allegro giusto ) - Sezione più lirica (Andante) con voci parallele - Transizione modulante - Cabaletta (Allegro)
  • Aria di Argirios (nel n. 8): “Ah! segnar invano io tento ”(atto secondo, scena 2) - estese decorazioni
  • Le Cavatine Amenaìdes (nel n. 10): "No, che il morir non è" (atto secondo, scena 4) - secondo Charles Osborne "sia dignitoso che commovente"
  • L'aria Amenaìdes (nel n. 12): "Giusto dio che umile adoro" (atto secondo, scena 10) - Charles Osborne segna la cabaletta con l'espressione "esaltante leggerezza di spirito"
  • Il duetto di Amenaìde e Tancredi (nel n. 14): "Lasciami: - non t'ascolto" - "Ah sì mora, e cessi omai" (atto secondo, scena 13) - parte centrale nell' mediante ; Secondo Charles Osborne, uno dei punti salienti dell'opera e un eccezionale esempio dello stile belcantistico
  • Il Cavatine Tancredis (nel n. 16): “Ah! che scordar non so" (atto secondo, scena 16) - l'introduzione contiene una "melodia da distesa verdiana"
  • La scena del tramonto di Tancredi nella seconda versione: accompagnamento cameristico e linea vocale espressiva. Secondo la guida all'opera di Harenberg, è "uno dei più efficaci che Rossini abbia mai composto".

Storia del lavoro

Giuditta Pasta come Tancredi (1822)

Tancredi è la prima opera seria di Rossini . Gli fu commissionato dal Teatro La Fenice nel novembre 1812 quando era a Venezia per la prima de L'occasione fa il ladro . Il tema e il librettista dell'opera erano già stati determinati a questo punto. Il libretto di Gaetano Rossi era un adattamento della tragedia Tancrède di Voltaire, rappresentata per la prima volta nel 1760 . In questo modello, l'eroe Tancredi muore sul campo di battaglia e solo all'ultimo respiro apprende che Amenaìde gli era fedele. L'affermazione di alcuni autori secondo cui Rossi avrebbe preso a modello anche alcuni episodi della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso è insostenibile, poiché il contesto storico delle due opere non coincide. Non ci sono somiglianze nemmeno nella trama. Per incontrare i gusti del pubblico italiano - le opere con un finale tragico non erano particolarmente popolari al momento della prima - Rossi ha creato un lieto fine che si discosta dall'originale.

Data l'importanza dell'opera per il Teatro La Fenice , Rossini chiese il pagamento di 600 franchi, ma secondo Alexis Azevedo ne ricevette solo 500 dopo alcune trattative.

A causa del suo precedente lavoro per il Teatro San Moisè ( L'occasione fa il ladro e Il signor Bruschino ), Rossini ebbe appena il tempo di comporre Tancredi. Forse è per questo che ha riutilizzato come ouverture quella de La pietra del paragone .

La prima rappresentazione ebbe luogo il 6 febbraio 1813 al Teatro La Fenice. Adelaide Malanotte-Montresor (Tancredi), Elisabetta Manfredini-Guarmani (Amenaìde), Teresa Marchesi (Isaura), Carolina Sivelli (Roggiero), Pietro Todràn (Argirio) e Luciano Bianchi (Orbazzano) hanno cantato. Secondo i giornali, sia la prima che la successiva esibizione hanno dovuto essere annullate durante il secondo atto perché le due attrici protagoniste erano indisposte. La prima esibizione completa non ha avuto luogo fino al 12 febbraio. Il successo non è stato grandioso e Rossini ha apportato alcune modifiche durante la stagione. Al Teatro La Fenice furono complessivamente quindici gli spettacoli.

Nello stesso anno l'opera fu rappresentata anche a Ferrara. Per questo revival, lo scrittore Luigi Lechi - l'amante dell'attrice protagonista Adelaide Malanotte - suggerì di comporre il finale originale del dramma di Voltaire invece del finale debole della versione originale. La sua versione era strettamente basata sulla struttura dei versi di Voltaire. Rossini scrisse per questo un nuovo coro (i soldati in cerca di aiuto non sono più Saraceni, ma Siracusa), oltre a due arie: il Rondò di Tancredi “Perché turbar la calma” (scena 15) e “Amenaìde… serbami tua fé” alla fine l'opera. Questa versione è stata ben accolta dal pubblico. Tuttavia, alcune persone temevano che "la vista di scene così tristi potesse influenzare la loro digestione". Pertanto, Rossini ha ritirato il finale modificato e ha utilizzato la musica per altri scopi. Il coro “Muore il forte, il vincitor” compare successivamente ad Aureliano in Palmira . Il punteggio del Finale di Ferrara è stato a lungo pensato perduto. Non è stato riscoperto fino agli anni '70.

Pauline Viardot-Garcia come Tancredi - Théâtre-Italy - Paris 1840

Una terza versione fu rappresentata per la prima volta il 18 dicembre 1813 al Teatro Re di Milano. Ha di nuovo il lieto fine della prima versione, ma contiene anche il Rondò di Tancredi della seconda versione. Ci sono anche tre nuove arie, “Torni d'amor la face” di Roggiero e “Se ostinata ancor und cedi” di Argirio e “Al campo mi chiama”, anche se non è chiaro fino a che punto provengano dallo stesso Rossini.

L'opera si diffuse rapidamente in tutta Italia. Nel 1816 ci fu la prima rappresentazione fuori dall'Italia a Monaco di Baviera. Nelle traduzioni (tedesco, polacco, ceco, spagnolo, francese, ungherese, svedese, russo e inglese) è stato utilizzato anche in altri paesi europei, nord, centro e sud America e ha stabilito la fama internazionale di Rossini. In particolare, l' aria per rappresentazione di Tancredi “Di tanti palpiti” ha raggiunto un'enorme popolarità. Era conosciuta come "l'aria del riso" perché, secondo la leggenda, Rossini aveva dichiarato che non impiegava più tempo per comporla di quanto ci volesse per cuocere il riso. Richard Wagner ha parodiato la melodia nei suoi Mastersingers of Norimberga nel "Coro dei Sarti".

Come la maggior parte delle opere belcantistiche , anche il Tancredi scomparve dal repertorio verso la fine dell'Ottocento. Solo nel 1952 ci fu un altro successo al Festival Maggio Musicale Fiorentino con Giulietta Simionato (Tancredi) e Teresa Stich-Randall (Amenaìde) sotto la direzione musicale di Tullio Serafin . Da allora ci sono state una serie di altre esibizioni in Europa e negli Stati Uniti, il cui successo include grazie alla mezzosoprano Marilyn Horne , che ha interpretato il ruolo del protagonista, tra gli altri. ha cantato a Houston (1977), Aix-en-Provence (1981), Venezia (1981/83) e Chicago (1989). Nel 1977 è stata pubblicata un'edizione critica preliminare della partitura. Anche la seconda versione è stata riprodotta più volte. La terza versione è stata eseguita nel 1991 al Rossini Opera Festival Pesaro .

Discografia

Tancredi è apparso molte volte sui fonogrammi. Operadis elenca 26 registrazioni nel periodo 1968-2007. Per questo di seguito vengono elencate solo quelle registrazioni che si sono particolarmente distinte nelle riviste specializzate.

letteratura

  • Punteggio Tancredi. Ricordi, Milano.
  • Stendhal : Rossini. Athenäum Verlag, Francoforte sul Meno 1988, pp. 51-67.
  • Ulrich Schreiber : L'arte dell'opera. Volume 2. Gutenberg Book Guild , Francoforte sul Meno, 1991, pp. 196–198.

link internet

Commons : Tancredi  - raccolta di immagini, video e file audio

Evidenze individuali

  1. Tancredi. Notes on the Critical Edition di Philip Gossett , consultato il 13 novembre 2015.
  2. Tancredi (1813) - Sommario su librettidopera.it , consultato il 13 novembre 2015.
  3. Informazioni sull'opera su CD Naxos 8.660037-38 , consultato il 17 maggio 2016.
  4. a b c d e f g Tancredi. In: Guida all'opera di Harenberg. 4a edizione. Meyers Lexikonverlag, 2003, ISBN 3-411-76107-5 , pagina 764 f.
  5. a b c d e f g h i Richard Osborne: Rossini - vita e lavoro. Tradotto dall'inglese da Grete Wehmeyer. List Verlag, Monaco di Baviera 1988, ISBN 3-471-78305-9 .
  6. ^ A b c d e f g h i Charles Osborne : The Bel Canto Operas of Rossini, Donizetti, and Bellini. Amadeus Press, Portland, Oregon, 1994, ISBN 978-0-931340-71-0 .
  7. a b c d e Norbert Miller: Tancredi (1813). In: Enciclopedia del teatro musicale di Piper. Vol. 5. Opere. Piccinni - Spontini. Piper, Monaco e Zurigo 1994, ISBN 3-492-02415-7 .
  8. a b c d e f g Herbert Weinstock : Rossini - Una biografia. Tradotto da Kurt Michaelis. Kunzelmann, Adliswil 1981 (1968), ISBN 3-85662-009-0 .
  9. ^ Discography on Tancredi at Operadis, consultato il 7 novembre 2016.
  10. a b Gioachino Rossini. In: Andreas Ommer : Elenco di tutte le registrazioni complete dell'opera. Zeno.org , volume 20.